Chiusura e sequestro impianto lavorazione inerti e produzione sottofondi stradali e bitume per reati ambientali e irregolarità nella gestione dell’attività
Sansepolcro- Chiusura e sequestro di un impianto di lavorazione inerti e produzione di materiale per sottofondi stradali e di bitume per reati ambientali e irregolarità nella gestione dell’attività. I carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria della Procura di Arezzo con il supporto della Compagnia e della stazione Carabinieri forestale di Sansepolcro hanno dato esecuzione a un sequestro preventivo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Arezzo su richiesta della Procura dell’impianto specializzato nella produzione di sottofondi stradali, conglomerati edilizi e recupero rifiuti speciali nella zona di Santa Fiora. In particolare la misura adottata prevede la chiusura e contestuale sequestro dell’impianto, dei suoi beni strumentali e dell’intera area golenale del Fiume Tevere interessata dal ciclo produttivo aziendale della società. I reati ipotizzati dai carabinieri forestali vanno dalla illecita gestione di rifiuti speciali, all’ampliamento illecito del ciclo produttivo aziendale, alla violazione di prescrizioni ambientali, allo smaltimento sul suolo e sulle acque superficiali di rifiuti liquidi pericolosi di tipo cancerogeno, alle emissioni diffuse incontrollate in atmosfera, al cambio di destinazione d’uso del suolo e al getto pericoloso di polveri anch’esse cancerogene. L’indagine condotta dai carabinieri, coordinati dalla Procura aretina, parte dal settembre 2021 con un primo esame della documentazione utilizzata dalla società in questione per l’ottenimento delle autorizzazioni ambientali necessari per l’esercizio dell’impianto. In particolare secondo i militari emergono delle sostanziali incongruenze tra lo stato dei luoghi attestato nelle planimetrie e nelle relazioni illustrative con quello riscontrato dai Militari dell’Arma, è stata disposta un’ispezione dei luoghi condotta dai carabinieri della Procura con l’Autorità di bacino e il dipartimento Arpat di Arezzo. Gli accertamenti “riscontravano” sta scritto “la presenza di un impianto organizzato e gestito in modo diverso da quello dichiarato e numerose violazioni ambientali; in particolare: il ciclo produttivo aziendale risultava essere stato esteso a superfici a destinazione agricola incompatibili li urbanisticamente e non autorizzate a tale finalità; parte dei piazzali dell’impianto dichiarati per impermeabilizzati e pavimentati non risultavano tali nonostante gli stessi fossero a poche decine di metri dal fiume Tevere e sugli stessi fossero stati stoccati migliaia di metri cubi di rifiuti di fresato d’asfalto e lavorati provenienti dal ciclo produttivo aziendale; il quantitativo di rifiuto di fresato d’asfalto stoccato superava di almeno dieci volte il limite consentito; veniva accertato lo smaltimento (diffuso e incontrollato e con ciò illecito) di rifiuti liquidi sul suolo, sottosuolo e acque superficiali derivanti dal dilavamento degli stoccaggi illeciti e la mancanza di misure di contenimento delle emissioni diffuse in atmosfera, etc”. Inoltre “Successive analisi chimiche svolte sul suolo, sottosuolo, acque superficiali e sui campioni di materiali lavorati evidenziando la presenza di benzene (cancerogeno) nelle acque sotterranee e di amianto crisotilo in tre stoccaggi dei sei stoccaggi esaminati attestavano le prime ripercussioni sull’ambiente delle condotte illecite sopra ipotizzate peraltro in area ricadente all’interno del parco del fiume Tevere”.
Anna Maria Citernesi (non sono miei parenti)